Qual è il fine ultimo del Coaching… quello vero e professionale?

Il fine ultimo del Coaching

L’utilizzo delle Potenzialità personali diventa fattore critico di successo nel raggiungere il fine ultimo del Coaching: felicità e benessere.

Che cos’è esattamente la felicità? È possibile migliorare il proprio grado di felicità? E ancora… felici si nasce o si diventa? La felicità è una scelta o uno “stato dell’essere”?

Difficilissimo rispondere senza tener presente che parliamo di Coaching e non di felicità in senso generale.

Negli ultimi anni la felicità costituisce oggetto di studi, ricerche e riflessioni; e infatti filosofi, biologi, psicologi e da qualche tempo anche i Coach Professionisti si dedicano con costanza allo studio e alla conoscenza di questo particolare stato d’animo di così difficile definizione.

Come la saggezza e l’intelligenza, la felicità non si lascia definire facilmente. Conosco persone che rinunciano e si abbandonano a frasi tipiche: “la felicità non esiste!”, “io non sarò mai felice!”

Lavorando da molto tempo nel campo della formazione, attraverso la sperimentazione e la frequentazione di centinaia di persone ho avuto modo di capire che la vita è essenzialmente un insieme di emozioni che riusciamo a provare e riconoscere attraverso la nostra intelligenza emotiva. L’esperienza mi ha permesso di capire che, guardando in faccia le persone “autorealizzate”, si può scoprire che la felicità esiste per davvero!

Approfondiamo… che cos’è esattamente l’autorealizzazione?
L’autorealizzazione è la capacità di conoscere, esprimere e sviluppare le nostre personali Potenzialità. Queste, fondendosi con le nostre conoscenze e i nostri “saper fare”, ci permettono di esprimere la parte più profonda e “vera” di noi stessi.

Tutta la felicità che deriva dall’utilizzo delle Potenzialità ci porta ad affermare che questa non dipende dall’assenza di disturbi o patologie, ma scaturisce dall’espressione e dalla manifestazione della parte più profonda di noi stessi nell’utilizzare lanostra “natura più profonda”.

Abraham Maslow (noto esponente della psicologia umanistica, divenuto famoso per aver ideato una gerarchia dei bisogni umani) definiva l’autorealizzazione “l’esigenza di ogni individuo di diventare ciò che si è capaci di diventare” e di “attuare le proprie migliori Potenzialità”.
Quindi… la felicità, prima ancora di trovarla nel raggiungimento di un obiettivo, la troviamo nell’utilizzo delle Potenzialità, in quelle attività massimamente gratificanti che, purtroppo, non siamo abituati a prendere in considerazione, allenare, utilizzare.

Il Coaching, invece, per sua stessa natura, incoraggia le persone a scoprire e a progettare il futuro desiderato trasformando i desideri in risultati concreti e raggiungibili attraverso l’utilizzo e la valorizzazione delle Potenzialità personali.

Nel Coaching, portare il cliente a imparare ad ascoltare le emozioni che scaturiscono dal conseguire le proprie mete è alla base di un lavoro ben svolto.

L’utilizzo delle Potenzialità personali diventa fattore critico di successo nel raggiungere il fine ultimo del Coaching: la felicità.
Quale felicità potrebbe esserci nel raggiungere un obiettivo attraverso strategie, azioni e impegni che non ci piacciono e non ci gratificano?

Ma non finisce qui… Bisogna porre massima attenzione alle emozioni!
Tutti i traguardi e le mete raggiunti all’interno del processo di Coaching fungono da stimolo e sostegno per lo sviluppo e il cambiamento personale. Più si riesce a essere consapevoli di queste emozioni positive, più benefici si possono trarre non solo dal piacere di conseguire gli obiettivi, ma anche da ciò che diventiamo come individui. Del resto, nel Coaching ciò che conta sono lo spirito positivo e l’ottimismo che accompagnano tutto il processo.

Per mia diretta esperienza, il punto di partenza di ogni cliente è rappresentato dalla sua “storia focalizzata”, ovvero la realtà sulla quale è focalizzato (intendendo per focalizzazione la concentrazione, l’attenzione che pone nei confronti del problema da discutere, del compito da svolgere, della relazioni da modificare, dell’obiettivo da raggiungere, potenziare e sviluppare).

Di solito la “domanda di Coaching” di un individuo inizia sempre con un problema, una crisi (intesa come un ostacolo) oppure con un desiderio di sviluppo rivolto al futuro (“…vorrei migliorare sul lavoro”, “…vorrei trovare un maggior equilibrio”, “… desidero migliorare la mia relazione con mio figlio”, “… vorrei riuscire a laurearmi”, ecc.).

Dentro il problema ci sono sempre la volontà e il desiderio di “fare una azione” (espressa dai verbi “vorrei…”, “desidero…”) e dentro la volontà c’è sempre la speranza di trovare una riposta nelle competenze e nelle conoscenze del Coach. La speranza in ogni Cliente è di essere stimolato, motivato, accolto, ed è proprio qui che il Coach diventa il “mezzo di trasporto”, il “facilitatore” adatto a trovare nuove soluzioni. Il pensiero del Cliente è sempre rivolto a quella scarsezza di risorse autonome o al sospetto che queste non siano sufficienti.

Ed ecco, quindi, che gli obiettivi, espressi con il proprio Coach, diventano “dichiarazioni scritte”, “contratti con se stessi” e con il proprio alleato/Coach che fungono da guida verso il raggiungimento di ciò che si desidera ardentemente.

Porsi degli obiettivi (precisi e ben formulati con il proprio Coach) è propedeutico a qualsiasi compito o Piano d’azione utile a dare forma e direzione alla nostra vita… pena la dispersione e la confusione.

Nella mia conoscenza, le persone sognano cosa fare, cosa ottenere, dove andare, come realizzarsi, quale stile di vita ottenere confondendo i sogni con gli obiettivi concreti, sottovalutando che la differenza maggiore tra un sogno e un obiettivo concreto risiede nel fatto che quest’ultimo è la meta, il punto d’arrivo di una strategia, di un progetto operativo ispirato all’azione.

I sogni, seppur indispensabili perché ispiratori, sono evanescenti, instabili, e da soli non possono rendere le persone felici… il rischio è di “vagare senza meta” per una vita intera.

Voglio formulare un concetto importante, che è stato il filo conduttore che mi ha ispirato nello scrivere questo post… una frase che utilizzo spesso con me stesso e con tante persone: “non importa dove tu sia stato fino ad oggi, non importa dove puoi essere in questo momento… l’unica cosa che conta è: dove vuoi andare?”

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